17 12 05

amnistia

(quando l’indignazione fa della prosa poesia?)

al nodo dell’amnistia si sprecano parole parole parole
lo si trasforma in un cappio con nodo scorsoio con nuove
leggi a misura dell’immunità dei potenti di corruttori
di evasori barattieri e simile lordura. Per i poveri cristi
nelle patrie galere non c’è che emarginazione o tortura,
con quel figlio di nazista Arnold Schwarz governatore
di California che ratifica la condanna a morte di un uomo
da venticinque anni in prigione sul montante umore linciaiolo.
A occidente come ad oriente il boia di stato applica la legge
solo del taglione. In Cina primo produttore mondiale di forche
ai condannati sono espiantati anima e organi per esproprio
proletario
. Sull’aiuola che ci fa tanto feroci non spira
vento di clemenza ma vendetta e non ce n’è di peggiore
di quella di Stato. Ogni tanto in letteratura o persino
nel cinema prevale il mito del ribelle del galeotto,
il motto di moda lotta dura, in prigione non delinquenti
ma vittime se non angeli. Al mito del ribelle nell’immaginario
è ora subentrato quello del beato uniforme, la microcriminalità
è un’ossessione, la macrocriminalità molto meno.
Non che non sia disgustosa ma il suo tasso di crescita
è la misura delle miserie di una società, l’uomo nuovo
prodotto dal socialismo scientifico ad est
si è rapidamente trasformato in mafioso, ad ovest
la mafia ha da tempo soppiantato lo Stato coi petrolieri
i produttori di armi i finanzieri. E con tutto ciò si vuol fare
la morale, si consegnano al boia i capri espiatori  per noi
amnistia ipocrisia mondo nostro e anima mia civiltà
gli si nega lo sgravio di pena, li si illude con l’amnistia che verrà

solo le parole in corsivo non sono nel testo originale
di Enzo Fontana apparso sull’Adige del 17 12 05
la copiatura a restringimento è di albertosighele@apoemaday.it