omaggio a Segantini
Le poesie dal Nicaragua e dalla Palestina o ispirate ai quadri di Giovanni Segantini (di un secolo prima), saranno recitate a corpo libero in un flusso che diventa narrazione. Saranno commentate, anticipate, interrotte, o trasportate proprio lì dove le persone vivono e lottano, da musiche appositamente composte o arrangiate, potenziando così ulteriormente testi già vibranti per il loro contenuto
(mistico-meditativo e di denuncia culturale e sociale)e nella gestualità recitativa.
L’assaggio di cibi contadini tipici dei due paesi concluderà l’incontro con la condivisione, la simpatia e la solidarietà che il cibo mangiato assieme sollecita.
In una realtà di radici contadine come la nostra, questo spettacolo vuole far riflettere sull’alienazione dalla madre Terra che la modernità ha portato con sé come mela avvelenata, e sul bisogno di trovare modi per ritornare all’abbraccio originario con essa.
La cura materna ed il sostegno esistenziale che la Terra ci dà, è il messaggio profondo.
Viene da Segantini e dai contadini di tutto il mondo che rivendicano la propria dignità e il proprio sostentamento. Devono trovare in noi, esseri viventi, la rivendicazione ad un pacifico fecondo senso di appartenenza alla Terra, dono totale di vita e reciprocità.
La nostra lontananza dalla Terra, dalla sua maternità, è così drammatica e distruttivamente avanzata che, della direzione da percorrere, abbiamo solo barlumi. Siamo stupidamente gioiosi della nostra condizione di alienazione.
Per nulla o troppo poco coscienti d’essere orfani della Terra.
Ognuno di noi.
Ubaldo Gervasoni, Alberto Sighele, Rosa Yurchenko e Renzo Vivagni
Contadini e Orfani della madre Terra teatro poetico musicale di Alberto Sighele, Rosa Yurchenko e il maestro Renzo Vigagni (al piano). |
Testi di Ubaldo Gervasoni sui campesinos del Nicaragua
e i palestinesi cacciati dai loro campi,
e di Alberto Sighele su quadri di Segantini
degustazione di cibi tipici della campagna Nicaraguense e Palestinese
25 Aprile 2008
ore 21
presso l'Arboreto, Parco Arciducale di Arco
Le radici contadine come linfa di umanità contro lo squilibrio della modernità e le aggressioni del potere. Dal locale all’internazionale, attraverso un secolo. |
Le poesie dal Nicaragua e dalla Palestina o ispirate ai quadri di Giovanni Segantini (di un secolo prima), saranno recitate a corpo libero in un flusso che diventa narrazione. Saranno commentate, anticipate, interrotte, o trasportate proprio lì dove le persone vivono e lottano, da musiche appositamente composte o arrangiate, potenziando così ulteriormente testi già vibranti per il loro contenuto (mistico-meditativo e di denuncia culturale e sociale)e nella gestualità recitativa.
L’assaggio di cibi contadini tipici dei due paesi concluderà l’incontro con la condivisione, la simpatia e la solidarietà che il cibo mangiato assieme sollecita.
In una realtà di radici contadine come la nostra, questo spettacolo vuole far riflettere sull’alienazione dalla madre Terra che la modernità ha portato con sé come mela avvelenata, e sul bisogno di trovare modi per ritornare all’abbraccio originario con essa.
La cura materna ed il sostegno esistenziale che la Terra ci dà, è il messaggio profondo.
Viene da Segantini e dai contadini di tutto il mondo che rivendicano la propria dignità e il proprio sostentamento. Devono trovare in noi, esseri viventi, la rivendicazione ad un pacifico fecondo senso di appartenenza alla Terra, dono totale di vita e reciprocità.
La nostra lontananza dalla Terra, dalla sua maternità, è così drammatica e distruttivamente avanzata che, della direzione da percorrere, abbiamo solo barlumi. Siamo stupidamente gioiosi della nostra condizione di alienazione.
Per nulla o troppo poco coscienti d’essere orfani della Terra.
Ognuno di noi.
Ubaldo Gervasoni, Alberto Sighele, Rosa Yurchenko e Renzo Vivagni