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la corsa all'ospedale
l'estrema asprezza la corsa per la salvezza
c'è chi dice che la morte è una liberazione
ma l'Iraq non è quel vecchio così appassito
pur acuta la malattia lancinante il dolore
vedo giovani dall'età indefinita con il furore
negli occhi, vecchi vivi aggrappati alla vita
donne di ostinazione nugoli di bambini
ora gocciolano uno ad uno capovolti
accolti su braccia gambe o ruote altrui
vengono ad allinearsi ad accatastarsi
ad intasare le strade del quartiere attorno
all'ospedale prima che una bomba chiuda
questa corsa, pane al forno dell'obitorio
del cimitero nel sacco nero, per l'abitudine
a sperare a correre fino all'ultimo a cercare
di negarsi l'evidenza del defunto il congiunto
con la morte annidata nelle ferite eppure
negata da membra annodate a brandelli
di sguardi lanciati allacciati ad altri sguardi
con il testardo istinto di morire tra fratelli
non nascosti ma in una corsia su una barella
sulle scale nel corridoio su un marciapiede
nell'ostinata affermazione finendo all'ospedale
per chiunque veda che la vita ancora vale
e chi siamo io e te amore se non il Tigri e l'Eufrate
onde insanguinate davanti al mare respinte indietro
dalla salsedine del mondo che nulla vuol sapere
del cuore che assieme avremmo disegnato sull'Iraq