Mario Cossali


…raptus erotico e lo prolunga nei territori e nelle storie del mondo… 



La poesia di Alberto Sighele oscilla con regolare, convinto e compiaciuto movimento tra suggestione erotica ed impegno civile. Direi di più: nella poesia di Alberto Sighele si verifica un continuo scambio di natura linguistica e insieme di natura spirituale tra queste due “anime” nel contesto evidente di un pensiero diffuso.
Infatti questa poesia si situa nella convinzione profonda che un essere umano può venir amato, in tutti i sensi, solo in una dimensione di amore totale per la natura, per l’esistenza, per gli abitanti della terra e per il loro travaglio storico.
Risulta per altro chiaro dai versi di Alberto Sighele che non si può amare cosmicamente e cioè non si può essere protagonisti “erotici” della politica, vissuta in una dimensione cognitiva, etica e relazionale, se non si è anche protagonisti “erotici” della propria vita individuale.

“il tunnel attacca il treno dai fianchi
e lo travolge nell’oscurità
così son perso quando mi manchi
sepolto come un’antica città”

Ecco come il dato personale, esistenziale emerge da immagini concrete del paesaggio e con esse si confonde, e da scene comprese nel paesaggio, acquistando spessore emozionale, tensione sentimentale.

“guarda il filo d’erba
sostenuto dalla luce
d’un verde sensuale
di slancio nella curva
in corsa verso la fine

figlio della pioggia e del sole
di lunghezza essenziale
che non sta a noi decidere
né agli altri”

Ecco qui invece come la propria intimità trova e ritrova un vicendevole rapporto con l’energia e le forme della natura in una sorta di eccitazione contemplativa che nella natura vede sicurezza, equilibrio, ma anche grazia e gratuità.

“se questa è la vita con sangue tra i denti
qualcuno, ascoltati i lamenti, incominci 
a pensare dove riprendere il filo, da dove 
cercare di fermare il massacro e trovare 
il filo che muove le fauci e reciderlo !
ed il filo di ferro per legare legalmente 
con logica definitiva le fauci e preven-
tivamente scavare nella carie delle cause !”

E’ la guerra, il massacro che distrugge, il mostro da legare con l’indistruttibile patto di tutti quelli che amano la vita e dunque ascoltano i lamenti.

“Perché la vita è più bella
se il debito è solo un contratto
il lavoro uno scambio
la proprietà non si consolida in furto
e l’urto degli uni sugli altri si smorza
e nessuno rimane uno schiavo
né deve vendere i figli
o sentirsi una scorza…
Ma come i gigli del campo
ognuno fiorisce nel futuro di tutti
non solo dei ricchi 

(che, gonfi, sarebbero solo dei chicchi
più goffi).”

Qui la poesia di Alberto Sighele trova una delle sue sintesi più efficaci: “come i gigli del campo ognuno fiorisce nel futuro di tutti”, riuscendo a costruire l’immagine più semplicee naturale per sottolineare quello scambio tra particolare e universale che è il nocciolo duro dell’intera ricerca.
Non a caso anche quest’ultima silloge di Alberto Sighele è illustrata da un opera pittorica di Monica Pendlebury e Angelo Bertucci che diventa una poesia calda e solare quale “pampina del Paradiso”. Non a caso perché ciò che colpisce immediatamente lo sguardo di fronte a questo e ad altri collages dei due è la forza comunicativa del colore con il quale si esprime l’intera gamma dei loro sentimenti e soprattutto l’intreccio indissolubile tra le loro storie individuali e la storia di un topos, la Sicilia, che è insieme geografico, emozionale, mentale. 
Lo stile di Sighele segue fedele l’ispirazione: la musicalità del verso deriva dalla rotondità delle parole e dal piacere fisico nel loro accostamento, ma quando il canto si fa civile, tutto questo si immerge, senza nulla perdere, in un’altra sequela ritmica, più narrativa e quasi epica. L’epica moderna del rapper contiene qui raptus erotico e lo prolunga nei territori e nelle storie del mondo.

Mario Cossali
Rovereto, marzo 2001

 

 

 

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